sabato 9 aprile 2005

Libertà di ricerca, bioetica e cellule staminali

di Carlo Alberto Redi ordinario di zoologia lab. Biologia dello Sviluppo Accademia dei Lincei Università di Pavia

In un mondo divenuto altamente complesso per l?intreccio
sempre piu? forte tra scienza, in particolare biologia, sue applicazioni mercantili e
societa? civile, alcune disinvolte dichiarazioni sulla clonazione da parte di
clonatori da circo, che non hanno la minima credenziale scientifica ma sono
capaci di innestarsi sui desideri e sulle sofferenze delle persone con un grande e
perverso ritorno pubblicitario, hanno creato una confusione come raramente si
era visto tra libertà di ricerca, bioetica e cellule staminali. Sulla clonazione si e?
detto di tutto, tranne l?unica cosa che andava detta: La clonazione riproduttiva
umana deve ricevere un secco no per un semplicissimo motivo sul quale non e?
necessario scomodare l?etica. Se fosse permessa, a farne le spese sarebbe la
salute della donna. Gli eticisti ed i grandi pensatori pubblici difronte agli annunci
di clonazione umana dovrebbero semplicemente rispondere in base alle
conoscenze che la comunita? scientifica ha prodotto: non vi e? un solo dato
scientifico per sostenere di poter fare un clone umano in tutta sicurezza, la salute
della donna sarebbe gravemente compromessa ed i cloni nascerebbero portatori
di malformazioni e patologie di ogni tipo con mortalita? elevatissime, prima e dopo
la nascita, risultando i pochi sopravvissuti meno sani, meno belli e meno
intelligenti, come previsto dalla teoria della complessita? biologica (The Lancet,
17 Luglio 1999, pag. 255). Diviene quindi molto importante spiegare al grande
pubblico che il no alla clonazione riproduttiva, espresso dalla comunita?
scientifica in modo netto, non si basa su disquisizioni filosofiche o convincimenti
morali ma su dati e fondamenti scientifici che fanno crollare le impalcature
concettuali a favore della clonazione riproduttiva umana. Per clonare e?
necessario disporre di decine e decine di ovuli e di pseudomadri: chi fornisce gli
ovuli? Chi funge da pseudomadre? Le donne degli strati sociali meno protetti,
tutte quelle che si vedranno offrire danaro per farsi superstimolare con
gonadotropine (con gravissime conseguenze sulla salute) per ottenere gli ovuli e
per fare da pseudomadri e che di quei danari hanno bisogno: gia? ora in rete e su
diversi giornali statunitensi esistono sezioni di annunci per ?egg donors? con lauta
ricompensa. A commento del lavoro di un mio allievo, Michele Boiani,
attualmente alla Universita? della Pennsylvania, che dimostra come anche i cloni
?sani? in realta? tali non sono se si guarda alla espressione di alcuni geni, Davor
Solter ha scritto un bellissimo editoriale sulla rivista Genes and Development
(16:1163-1166, 2002) dal provocatorio titolo ?cloning versus clowning? dove
esamina tutte le ragioni del pro e dei contro la clonazione umana e giunge alla
conclusione che i piu? frustrati dai risultati di Boiani saranno gli appartenenti alla
tribu? dei ?commentatori, osservatori, pensatori, teste pensanti? che tanto
occupati sono stati nell?emettere sentenze e nel confondere la materia. Costoro
sono in gran parte responsabili del convincimento dei decisori politici sulla
necessita? di restrizioni legislative alla tecnica del trasferimento nucleare; nel
timore, ci viene detto, di applicazioni legate alla clonazione riproduttiva.
Dimenticando cosi che la donazione di ovuli tra donne, su una semplice base di
amicizia ed affetto, regolata da una autorita? di controllo, e la tecnica del
trasferimento nucleare (si, quella alla base della clonazione) gia? oggi
permetterebbero di evitare la nascita di bimbi portatori di patologie, e sono tante,
dovute a mutazioni nel corredo genetico dei mitocondri (ad esempio alcune delle
distrofie muscolari) e la nascita di bimbi sani, geneticamente figli della coppia
dove la signora e? portatrice di DNA mitocondriale alterato. Di queste opportunita?
dobbiamo dibattere, non del fatto che dei ciarlatani venditori porta-a-porta ci
offrano la macchinetta del clonati-da-te e subito trovino decisori politici, che di
scienza giusto seguono qualche titolo di giornale, malcapendo anche quello,
pronti ad ascoltarli. I media dovrebbero uscire dalla logica perversa del ?non
posso perdere la notizia? ed insistere per una riflessione corale su temi che ci
riguardano tanto da vicino perche? legati alla nostra salute piu? che ?al futuro della
natura umana? ed ai ?rischi di una genetica liberale? (J. Habermas, Einaudi,
2002). Senza una corretta divulgazione cadremo vittime del gioco perverso dei
venditori di sogni che speculano sulla sofferenza e impongono l?agenda del
dibattito a filosofi e ministri della Repubblica; questi ultimi hanno il dovere di
informarsi e di non prendere per buone millantate applicazioni, contribuendo così
a renderle plausibili dinnanzi all?opinione pubblica e chiamando ?nazisti?
ricercatori impegnati in una vita di sacrifici con stipendi indegni dell?Africa
francofona. Ed i filosofi pure dovrebbero studiare un poco di biologia evitando di
alimentare equivoci nel proporre ?astensioni giustificate? dall?applicare
qualsivoglia tecnica che non sia la somministrazione di aspirina. E? in questo
modo che si crea un contorno utile all?imposizione di restrizioni alla liberta? di
ricerca.
E? quindi auspicabile che non si crei ulteriore confusione in particolare su due
temi per i quali la riflessione e? ancora molto lacunosa: la biologia delle cellule
staminali (in altre parole la riprogrammazione genetica dei nuclei somatici) e la
sorte degli embrioni criopreservati. Del primo e? necessario capire che e?
storicamente errato decidere a priori, su basi ideologiche, quale linea di ricerca
meriti di essere finanziata: le cellule staminali somatiche da adulto sono gia? un
campo applicativo e con studi sul transdifferenziamento (quali quelli compiuti da
Angelo Vescovi) possono dare ancora di piu?. Le staminali embrionali sono una
grande promessa ma richiedono ancora molti studi su animali modello ed un
dibattito etico piu? incisivo riguardo la loro produzione. Il Regno Unito, il Belgio, la
Spagna, la Francia e la Svizzera già hanno una autorità di controllo che può
concedere il via libera a ricerche su quella che è comunemente chiamata
clonazione terapeutica (si veda il recente caso di Newcastle) capace di portare
alla produzione di staminali autologhe. Paesi con altre culture e storie già sono
attivi nel produrre linee di staminali embrionali (Sud Corea, Israele e Singapore).
Di rilievo il caso sudcoreano dove il dott. Wang ha potuto disporre di 16 giovani
volontarie ed ottenere 243 oociti su cui poter lavorare: in nesssun altro paese un
ricercatore dispone di una simile situazione, i colleghi di Newcastle stanno
impiegando nel primo lavoro sul diabete solo 12 oocciti rimasti inutilizzati da
programmi di fecondazione assistita. In Italia, Austria, Germania ed Irlanda esiste
un divieto totale, con la situazione gravissima in Germania per la quale un
collega è perseguibile di azione criminale anche se solo alza il telefono per
suggerire ad un collega in altro paese come coltivare una cellula embrionale ! (Il
cittadino tedesco dr. B. Stankovic, emigrato da Monaco di Baviera al gruppo di
Newcastle, non ha una posizione chiara difronte alla giurisprudenza tedesca!).
Tra i lavori più importanti e recenti è da segnalare quello del gruppo di Tiziano
Barbieri (emigrato a New York) pubblicato sulla prestigiosa PNAS ove si
dimostra che da una sola staminale embrionale è possibile ottenere un milione di
neuroni dopaminergici (quanti se ne trovano fisiologicamente neelle aree colpite
dalla degenerazione parkinsoniana). Le vie alternative, che non implicano
problematiche etiche, per la produzione di staminali autologhe (citoplasto
artificiale, cosi? come proposto nel documento Dulbecco) ancora attendono di
essere prese in considerazione per essere seriamente finanziate. Il gruppo di
lavoro pavese è attualmente impegnato nella riprogrammazione genetica
impiegando citoplasti naturali di staminali embrionali murine e sviluppa un
progetto con il gruppo di Angelo Vescovi su cellule del tessuto nervoso. Alcuni
promettenti risultati, sia metodologici che strettamente biologici, lasciano ben
sperare per giungere a risultati significativi e per una buona competizione a
livello internazionale. Solo altri cinque gruppi sono impegnati nello sviluppare un
citoplasto artificiale (di origine naturale o sintetica) impiegando diverse sorgenti,
dagli oociti di anfibi ad estratti vegetali. Sono queste ricerche le più coperte da
riserbo e segreto (due dei gruppi attivi sono privati e quotati in borsa, la PPT
therapeutics, UK, e la ACB di Joseph Cibelli, USA). L?esito delle ricerche sulle
cellule staminali rappresenta una svolta di enorme rilievo per il diritto alla salute, i
futuri orizzonti della medicina e la capacita’ produttiva di un paese. L?Italia si è
dimenticata di aver contratto a livello internazionale doveri ben precisi sul tema
delle cellule staminali avendo firmato sia la dichiarazione di Annecy che quella
dell?Unesco. La Fondazione Marcel Mérieux di Lione organizzo? in Annecy, nei
giorni 21-23 del Giugno 2000, un incontro tra ricercatori, eticisti e decisori politici,
presieduta da Didier Montarras (chief cell development all?istituto Pasteur di
Parigi) sulla ?scienza ed etica delle cellule staminali?. Subito dopo il convegno, in
Bordeaux nei giorni 24-25 Giugno, i ministri della ricerca dei paesi del G8 oltre a
rappresentanti di Brasile, Cina, Messico e India, si sono incontrati per stendere
un protocollo di intesa che impegna tutti i firmatari a sostenere fortemente le
ricerche sulle cellule staminali. Dunque il nostro paese ha precisi doveri
internazionali che lo impegnano a contribuire intellettualmente ed
economicamente nello sviluppare il settore. Sotto il profilo intellettuale il nostro
paese vanta la presenza di gruppi che hanno saputo dare contributi significativi
nell?avanzamento delle conoscenze scientifiche sulle cellule staminali, giusto
operando con creativita’ e pochi danari. Ad oggi ha nel settore un capitale umano
invidiabile. Chiaro dovrebbe essere dunque il dovere di partecipare attivamente
allo sforzo economico finanziando i gruppi gia? attivi e promuovendo con
investimenti economici seri la formazione di giovani biomedici dediti a ricerche
sulle staminali.
Del secondo aspetto, la sorte degli embrioni criopreservati, è bene parlare molto
a lungo, cercare di capirci, di trovare spazi di condivisione. La comunita?
scientifica piu? che tentare di dare risposte a domande mal poste (e? vita? quando
inizia la vita? La vita e? vita sempre, in qualunque fase dello sviluppo) deve far
capire che un piccolo aiuto per dirimere la questione puo? venire dalla
applicazione del metodo scientifico. La determinazione dell?origine ontogenetica
dell?essere umano, e piu? in generale dell?individualità degli esseri viventi, ha da
sempre interessato i biologi ed i filosofi. Questo interesse si e? rafforzato
dall?avvento di tecniche quali la fecondazione assistita e la clonazione che
rendendo possibile la manipolazione di alcuni stadi dello sviluppo dell?essere
umano implicano domande di natura morale. Un nuovo individuo (animale o
vegetale) risulta da un processo capace di integrare piani sempre piu? complicati
di organizzazione cellulare e tissutale. A partire da uno stadio unicellulare (lo
zigote, la prima cellula derivante dalla fusione dello spermatozoo con la cellula
uovo) si giunge all?individuo adulto composto da circa un milione di miliardi di
cellule. Questo processo e? ontogeneticamente programmato e diretto dalla
prima copia del genoma del nuovo individuo, il genoma dello zigote, che contiene
tutte le informazioni necessarie per dirigere il programma di sviluppo. Su questo
dato fattuale non vi e? incertezza: le conoscenze biologiche permettono di
stabilire in modo non ambiguo che l?inizio ontogenetico del processo materioenergetico
che origina ed identifica un nuovo individuo coincide con il momento
in cui si realizza la formazione della prima copia del suo genoma. Questo criterio
e? condiviso in tutte le forme di riproduzione animale e vegetale, naturale
(fecondazione e partenogenesi) e artificiale (fecondazione assistita e
clonazione) ed ha quindi un carattere di universalita? che lo pone al riparo da
qualsivoglia critica spiazzando tutte le altre proposizioni sull?inizio ontogenetico di
un essere vivente. Alcuni ritengono che l?individuo umano abbia origine quando
compare il sistema nervoso intorno al 14° giorno della gestazione (è questo
anche il limite temporale per la formazione di gemelli monozigoti). Altri
considerano il giorno dell?impianto uterino (6°-7° giorno) mentre la Chiesa
Cattolica colloca questo inizio nella fecondazione, cioè nella fusione delle
membrane dello spermatozoo e dell?oocita. L?assunzione di tali criteri aprioristici
manca di universalita? e quindi e? da rifiutare: non tutti gli esseri viventi formano il
sistema nervoso o si impiantano nell?utero o derivano per fecondazione. Filosofi,
teologi e pensatori partitari delle diverse posizioni sono accomunati dalla chiara
contraddizione di far coincidere l?inizio ontogenetico di un nuovo individuo con
momenti del suo sviluppo embriologico scelti solo perche? ritenuti utili a
sostenere mere opinioni aprioristiche. Nel dibattito per sviluppare giudizi di valore
sugli stadi dello sviluppo embrionale e sulla vita umana, giudizi che
necessariamente una societa? deve sviluppare e fare propri, non si possono
confondere elementi di diversa natura, dati scientifici con mere opinioni
presentate come dati scientifici. Le scorciatoie concettuali portano solo a
confusione intellettuale ed alimentano controversie e sterili contrapposizioni. Se
oggi il problema centrale è stabilire ?la verità? (intesa come il correlato positivo tra
il discorso su un processo e il processo stesso) sull?emergere dell?individualità
degli esseri biologici allora deve essere chiaro che questa avviene
indipendentemente dai dogmi o opinioni che si hanno su di essa. E? chiaro
comunque che si possa anche stabilire che solo al momento del taglio del
cordone ombelicale ci troviamo di fronte ad un nuovo individuo! A partire da
Platone, la scienza (la biologia) non formula giudizi basati sulla mera opinione,
dogma o pregiudizio, ma sulla conoscenza dimostrata (episteme). Per la
costruzione di una societa? laica e democratica e? ben piu? efficace accettare il
dato fattuale e sviluppare poi un dibattito che porti alla possibilita? di adottare
decisioni (non si puo? non decidere). Un solo esempio: sulla base
dell?argomentazione ora sviluppata, e? inconfutabile che, sotto il profilo biologico,
un embrione criopreservato non puo? essere giudicato un semplice agglomerato
di cellule perche? non ha ancora formato il sistema nervoso. Ontogeneticamente
e? gia iniziata la formazione del nuovo individuo. E dunque pare difficile
accettatare l?idea di ucciderlo, sia gettandolo (237.601 gettati dal 1991 al 1998
nella sola Gran Bretagna) sia lasciandolo per secula saeculorum al freddo (cioe?
uccidendolo lentamente). Poiche? potenzialmente nuovo individuo merita rispetto
e meglio sarebbe impiegare le sue cellule per farle partecipare alla vita di chi
soffre, derivandone linee staminali. Per decidere della sorte delle centinaia di
migliaia di embrioni congelati un piccolo aiuto puo? venire dalla applicazione del
metodo scientifico, piu? che dal richiamo a principi etici od al concetto di persona,
impropriamente chiamato in causa al loro riguardo. Il concetto di persona non
appartiene alla biologia né alla scienza fattuale, ha solo validità in filosofia, diritto
e teologia: la maschera del ?personaggio? nel teatro grecoromano e la
Santissima Trinità e la persona di Cristo. Per molte religioni anche gli animali e
gli uragani sono persone con anima come l?essere umano. Un suggerimento puo?
essere quello di tentare una definizione in forma operazionale della etica, la
teoria e la prassi della condotta che ha come scopo la felicità, ottenuta attraverso
il possesso del bene. Per Aristotele la felicità e il bene sono la virtù; per Kant è
l?autonomia dell?agire secondo gli universali. Ma non e? facile determinare la
natura fattuale del bene. Anzi, e? evidente che il preteso consenso etico
dell?umanità continua ad essere un?affascinante ipotesi: lo sfruttamento dell?uomo
da parte dell?uomo, la guerra giusta e tutta la storia dell?umanità, indicano che è
probabilmente falsa. L?etica e? determinata dalla religione e dalla ideologia. La
religione è l?adesione a una visione del mondo a cui si attribuisce valore di
opzione fondamentale (religare) al punto che si può dare anche la vita in suo
nome. L?ideologia è una visione e valutazione del mondo con trascendenza
sociale (un?etica politica in Aristotele). Non possiamo quindi pretendere un?etica
comune per un indù, per un cristiano o per un materialista dialettico. Nella
complessita? del mondo attuale solo una etica della responsabilita? puo? aiutare
nelle scelte decisionali in quanto l?elemento matrice comune delle etiche è la
condotta responsabile (cosciente e volontaria), e quindi, la decisione. Di fronte
agli embrioni congelati disponiamo di tre opzioni (l?adozione e?, di fatto, una
opzione impraticabile): 1) lasciare gli embrioni congelati per secula seculorum. Di
fatto questa decisione e? sinonimo di morte, seppure lenta. 2) Scongelarli e
gettarli, accelerando cosi? la loro morte. 3) Impiegarli per la ricerca sul
differenziamento cellulare; questa opzione implica la loro morte come individuo
ma la ?vita? dell?embrione, seppure in una forma diffusa, cellulare, poiche? le sue
cellule offriranno alla umanita? importanti conoscenze scientifiche e possibilmente
saranno disperse con le terapie cellulari ricostruttive in altri individui che
partecipano alla vita. Risulta immediato come solo la terza opzione assicuri la
vita dell?embrione, al di la delle posizioni ideologiche, religiose ed etiche. La
decisione sul loro destino deve essere ridotta al ?che fare? e non posta nella
prospettiva di derivare la decisione in base al ?cosa sono?, su quet?ultima base
non troveremo mai una visione condivisa. Questi embrioni esistono e chiedono
una fine migliore di quella che li vede restare per secula seculorum nel freddo
polare (ma e? praticabile? nessuno puo? crederlo! abbandonati da tutti, prima o
poi qualcuno reclamera? i costi del loro mantenimento e verranno distrutti) o
gettati in un lavandino: chiedono di partecipare, ora che sono stati creati, ad un
processo materio-energetico che chiamiamo vita.
Dinnanzi a decisioni di tale portata è necessario porsi in una prospettiva di
società globali, considerare la attualità del nostro modo di vivere, dove con un
volo low-cost è possibile portarsi in paesi con una storia culturale del tutto
diversa, oppure considerare che persone provenienti da altre culture condividono
oggi i nostri spazi di vita. Grazie all?avanzamento del sapere scientifico e
filosofico dalle caverne siamo andati sulla luna ed abbiamo sequenziato interi
genomi: la conoscenza ed il sapere ci permettono di vivere come oggi ci è dato
di vivere. La ricerca e le applicazioni tecnologiche dei saperi che da essa
derivano, oltre a nuove conoscenze, portano alla società benefici culturali,
economici e medici e si pongono oggi come motore dell?evoluzione sociale ed
economica dei paesi avanzati e di quel fenomeno che chiamiamo
globalizzazione. E? questo un dato fattuale incontestabile, consolidatosi
attraverso secoli di storia, in particolare di storia europea. Nelle varie epoche,
l?Europa ha rappresentato un crogiolo per l?innovazione scientifica, lo sviluppo
sociale e la creazione artistica grazie ad una dinamica sinergia tra vicinanza
geografica ed unione di varie culture. E dunque la unificazione europea a
venticinque paesi, con l?intento di creare un anello di paesi amici alcuni dei quali
candidati prima o poi all?ingresso nella comunità (entro breve la Turchia: nel 2050
1 cittadino europeo su 5 sarà turco!), si presta ad essere un buon momento di
riflessione per le tematiche legate alla libertà di ricerca, alla bioetica ed alle
cellule staminali. L?unificazione cade nel momento in cui viviamo la ?rivoluzione
biologica?. Come è accaduto per tutte le rivoluzioni anche questa non poteva non
destare accanto ad entusiasmi anche timori. L?enorme quantità di conoscenze
che in modo rapidissimo la ricerca biologica va accumulando sta cambiando
profondamente la nostra concezione della salute e della malattia e persino di
cosa sia l?essere umano con accesi dibattiti in merito a se, come e quanto
utilizzare questo patrimonio di conoscenze per modificare aspetti della vita
umana che potrebbero contribuire ad un miglioramento della qualità della vita
stessa, in particolare dei senescenti (stante l?attuale tasso demografico europeo)
e delle nuove generazioni (grazie alle tecniche di diagnosi prenatale). Le
bioscienze acquistano un ruolo di primo piano nella costruzione attuale del
significato, e della evoluzione, del concetto di cittadinanza: la piena cittadinanza
non può che essere espressione del pieno accesso, indipendente dal censo e da
ogni datità naturale o culturale, alle opportunità terapeutiche offerte in medicina
dalle bioscienze. Queste ultime vengono così a giocare un ruolo di primo piano a
favore della coesione sociale, fatto di non trascurabile rilevanza nella
dimensione europea. L?ampia gamma delle questioni sociali, legali, politiche,
economiche, religiose e filosofiche legate allo sviluppo delle scienze della vita
appare dunque uno dei punti centrali di riferimento in un?analisi delle
trasformazioni della società europea. In particolare modo del ruolo della politica,
con la possibilità stessa di riconoscere valide alternative politiche in una società
democratica, se questa è tesa a sviluppare progetti capaci di promuovere valori
condivisi. In una società multiculturale la presenza di valori condivisi è un bene
incommensurabile.L?allargamento della comunità ci pone dinnanzi ad una realtà
molto variegata di norme giuridiche preposte a regolare la pratica della ricerca
scientifica, la trasposizione tecnologica degli avanzamenti del sapere biologico e
l?accesso alle nuove opportunità terapeutiche in biomedicina. Ne deriva la
necessità di sviluppare efficaci politiche che garantiscano a tutti i cittadini europei
l?accesso ai benefici delle nuove tecnologie delle bioscienze; politiche che
auspicabilmente siano basate su principi etici rispettosi della pluralità di valori
espressi dalle culture dei venticinque paesi così da permettere lo sviluppo di una
normativa omogenea e socialmente orientata al dialogo ed al confronto di
posizioni. L?etica della proibizione e della imposizione di apriori ideologici o
religiosi produrrebbe solo la negazione di diritti, che attendono alla sfera delle
decisioni personali, per coloro che in base al censo non possono permettersi
alcun turismo etico in un vicino paese, alimentando fratture e disuguaglianze
sociali.
Difronte a questa realtà è necessario alimentare a livello europeo lo scambio
interpretativo-concettuale, e la diretta interlocuzione, tra il mondo delle scienze
della vita ed almeno due testimoni speciali della società civile, i magistrati ed i
giornalisti scientifici. I magistrati poichè sarebbe bene tentare di far viaggiare la
elaborazione della proposizione giuridica di pari passo con il rapido evolvere
delle acquisizioni della Biologia ed i divulgatori per il grande pubblico al fine di
contribuire a formare cittadini culturalmente preparati che possano meglio agire e
meglio vivere in un mondo che si fa sempre piu’ complesso, piu’ inquinato e
meno ricco di risorse naturali. La comunità scientifica, fuori dalla torre di avorio,
sente oggi la necessità di alimentare un grande dibattito pubblico sul ruolo della
moderna Biologia nelle trasformazioni sociali delle civiltà occidentali al fine di
incrementare la partecipazione dei cittadini alle decisioni cruciali riguardanti il
ruolo delle scienze della vita nella realizzazione di una societa? piu? giusta. Nella
grande Europa unificata, avanzamento del sapere ed alfabetizzazione scientifica
dei cittadini sono mete da perseguire unitamente al fine di sviluppare una società
democratica basata su giustizia ed equità: solo cittadini dotati degli strumenti
concettuali per valutare criticamente le nuove frontiere del sapere scientifico
possono garantire un sistema democratico, perchè capaci di incidere
efficacemente e direttamente sul corpo sociale con le proprie autonome opinioni.
Prerequisiti necessari per raggiungere questi scopi sono lo sviluppo di strumenti
di analisi della rivoluzione operata dalle bioscienze e lo sviluppo di strumenti
capaci di esplicitare al grande pubblico le opportunità offerte dalle biotecnologie:
cittadini ben informati sono garanzia di un forte sostegno all?investimento di
risorse nella ricerca scientifica e di autonomo formarsi di opinioni che si riflettono
in democratiche decisioni di ciò che si ritiene lecito e di ciò che non si desidera
venga applicato. Un esempio di corretta procedura è certamente quello di
recente adottato dal governo inglese con ?il libro bianco della genetica nel
sistema sanitario nazionale? (Our Inheritance, Our Future: Realising the potential
of genetics in the NHS. June 2003) divulgato e spiegato a tutti i cittadini così da
realizzare un controllo democratico dell?elaborazione di principi e norme etiche
rispettose della pluralità di valori.

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