di Dino Martirano
Il Consiglio superiore della magistratura celebra il quarantennale dell’ingresso delle donne in magistratura bocciando un progetto per le pari opportunità.
Saltano, dunque, il finanziamento europeo di 210 mila euro e il gruppo di studio che avrebbe dovuto approfondire il tema della «conciliazione tra la vita familiare e quella lavorativa». La proposta di studiare da vicino i diversi percorsi professionali che rallentano le carriere delle donne magistrato è stata bocciata (13 voti contro 11) nonostante che il vicepresidente Rognoni, il primo presidente della Cassazione Marvulli e il
pg della Corte Favara abbiano votato a favore, insieme ai laici di centrosinistra e a Magistratura democratica. Nulla da fare, perché hanno fatto fronte comune i «laici» di centrodestra, i togati di Unicost e di Magistratura indipendente e Giuseppe Fici del Movimento per la Giustizia.
40 ANNI – Nel 1965, quando le prime 4 donne entrarono in magistratura, il
problema delle pari opportunità era relativo. E così anche nel ‘71, quando
la presenza femminile non superava il 2,9% o nell’81 quando le toghe rosa
erano il 10,3%. Ma oggi la situazione è addirittura ribaltata: agli ultimi
concorsi di accesso in magistratura, il 60% dei promossi erano donne. E tra
i magistrati sotto i 30 anni, il 58 per cento sono donne e presto gli uomini
saranno in minoranza in tutte le classi d’età.
I CAPI – L’unica eccezione sono i ruoli direttivi. Qui gli uomini dominano
perché le donne occupano 18 poltrone su 421 di cui 14 nei tribunali e nelle
procure per minorenni. Stesso discorso vale per i semidirettivi: 51 donne su
665 posti disponibili. E proprio dalla lettura di questi dati, conferma il
consigliere togato Giuliana Civinini (Magistratura democratica), «era
partito il progetto che prevedeva l’istituzione di un gruppo di lavoro
esterno composto da quattro magistrati (Luisa Napolitano, Ezia Maccora,
Iside Russo e la dottoressa Gattiboni, ndr ), da un sociologo, da uno
statistico e da tre addetti di segreteria».
Ma il consiglio ha ritenuto di non dover percorrere questa strada, spiega il
«laico» Nino Marotta (Udc): «L’iniziativa era importante, ma in questo
momento di ingorgo dei lavori ci sono priorità diverse. Il Csm è in una
situazione di sofferenza e noi non abbiamo fatto altro che adeguarci all’ultimo,
meditato appello del capo dello Stato». Marotta dice questo perché, proprio
alcune settimane fa, il Carlo Azeglio Ciampi, che è anche presidente del
Consiglio superiore della magistratura, aveva rimarcato i tempi lunghi che
il consiglio impiega per nominare i capi degli uffici e per i trasferimenti
dei magistrati.
CARRIERE- La motivazione di chi ha azzoppato il progetto «pari opportunità»
non convince Giuliana Civinini: «E’ strumentale tirare in ballo l’appello
del capo dello Stato, perché qui si parlava di un gruppo di lavoro esterno
al consiglio la cui istituzione, fra l’altro, è stata discussa in una
commissione che nulla ha a che fare con le nomine dei capi degli uffici».
Conclude la dottoressa Civini, con un po’ di amarezza : «Devo dire che in
occasione del quarantennale dell’ingresso delle donne in magistratura il Csm
ci ha fatto davvero un bel regalo». Il vicepresidente Virginio Rognoni ha
fatto quel che poteva e in questo caso ha abbandonato quella posizione di
neutralità che tante volte ha rimarcato con l’astensione. Parla invece il
«laico» di centrosinistra Luigi Berlinguer: «Le due esigenze che si sono
manifestate erano compatibili. Resta, comunque, il problema per la donna
magistrato tra impegni di lavoro e vita familiare». Se ne parlerà il 26
aprile a Roma, quando le donne magistrato celebreranno i loro primi quarant’anni
con la toga. All’ordine del giorno il nuovo ordinamento giudiziario che, a
loro parere, immagina un magistrato uomo che sgomita e fa i concorsi per i
posti direttivi e un magistrato donna che accetta un ruolo impiegatizio. E
che non diventerà mai capo dell’ufficio.
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