Il mosaico di Latina
A fine gennaio l’amministrazione comunale di Latina comunica al mondo l’intenzione di costruire un grande mosaico col ritratto di Mussolini. “È per incentivare il turismo, e poi e la nostra storia” dice il sindaco. Poteva aggiungere “la storia siamo noi”. Comunque la notizia passa molto sotto tono nei media nazionali.
Foibe
Il 10 febbraio è la “giornata del ricordo” delle vittime delle Foibe. Sarebbe stata semplicemente un’importante occasione per ricordare gli italiani trucidati dalle truppe di Tito. Ma la destra italiana enfatizza con eccessivo impeto l’avvenimento. Per due settimane gli italiani sono sommersi da servizi, speciali, dibattiti televisivi sulle Foibe su qualsiasi rete a qualsiasi ora. La differenza da cinquant’anni di vergognoso silenzio e due settimane di lavaggio del cervello è troppa. Il sospetto che le Foibe siano state strumentalizzate dalla destra in funzione anti-comunista non è un sospetto: un altro passo verso la fissa dei reazionari italiani, equiparare fascismo e comunismo. Lo squallore consiste nel ridurre indirettamente la giornata della memoria per le vittime della Shoah (27 gennaio) nella commemorazione delle vittime della sinistra cui contrapporre le Foibe, togliendogli il valore universale. A cui si aggiunge la vigliaccheria con cui giornalisti e intellettuali accettano la retorica spropositata senza opporsi alla strumentalizzazione di una tragedia che ha interessato migliaia di italiani.
Svastica e falce e martello
Negli stessi giorni del bombardamento mediatico sulle Foibe, scoppia il dibattito sul simbolo della falce e martello. Alcuni eurodeputati dell’Est chiedono che si rifletta sulla presenza di questo simbolo in Europa, Frattini coglie la palla al balzo e suggerisce di bandirlo all’interno dell’Unione Europea. È l’ennesimo peso poggiato, ormai neanche più furtivamente, sulla bilancia che regge il giudizio storico su fascismo da una parte e comunismo dall’altra, con lo scopo di equilibrare i due. Parte il dibattito, e benché l’analogia sia fuori luogo (al di là delle differenze ideologiche, in più di una nazione – Italia inclusa – il comunismo ha significato resistenza alla dittatura e lotta democratica, cosa mai avvenuta per fascismo e nazismo) numerosi intellettuali di sinistra abboccano all’amo: negano l’utilità di vietare simboli, compresi quelli fascisti e nazisti. La motivazione è che il problema è nelle convinzioni degli individui, che va al di là delle manifestazioni esteriori. È chiaro che non posso impedire ad un pedofilo di desiderare rapporti con minori, ma non mi sembra una buona ragione per non vietargli di affiggere manifesti o indossare spille che invitano alla pedofilia. Io ogni volta che vedo una svastica su un muro o un calendario del duce in un’edicola ho un conato di vomito. Ed è una cosa che va al di là delle mie idee politiche: riguarda il concetto di dignità umana e rispetto per il diverso. E la sentirei anche se fossi un moderato.
Primavalle
Le occasioni di ridiscutere la memoria storica si presentano serrate fino a sovrapporsi. Negli stessi giorni delle Foibe e della falce e martello rispunta il fantasma del rogo di Primavalle. Dopo più di trent’anni i tre membridi Potere Operaio, oggi latitanti, che uccisero due figli di Mattei, un dirigente romano del Msi, dando fuoco alla sua casa nel 1973 sono finiti in prescrizione. A pochi giorni dalla notizia, le confessioni di uno di loro, Lollo, ha permesso ai magistrati di riaprire il caso. Primavalle con l’orribile rogo che ha bruciato vive due persone è probabilmente tra gli esempi qui riportati il meno strumentalizzato, forse anche grazie all’assurdità manifesta di una morte di questo tipo e alla vicinanza storica e geografica del fatto. È stato occasione, però, per favorire un cambiamento semantico riguardo un’espressione fino a ieri considerata dai più positiva: antifascismo militante. Nel commentare il rogo politico, molti editorialisti di destra e sinistra (tra cui ad esempio Adriano Sofri) si sono affrettati a stigmatizzare “l’antifascismo militante” come qualcosa di assolutamente negativo. Probabilmente riferendosi agli anni di piombo. Ma in un periodo di confusione storica e appiattimento sul presente come questo, l’estensione del giudizio al periodo del Ventennio e della Resistenza sembra cosa probabile. Facendo un cattivo servizio ad una banale verità: non è possibile l’antifascismo – come non è possibile l’antimafia – senza mettersi in gioco in prima persona (militando). Lo sanno tutte quelle persone che smisero di criticare il regime a bassa voce e lo affrontarono a viso aperto, rischiando di finire in esilio (come Gramsci), venire uccisi a bastonate (come Matteotti), o morire da partigiani (e qui sono troppi). E lo sapevano tutti quello uccisi dalla mafia, dopo essere stati indeboliti dall’accusa di essere “professionisti dell’antimafia”.
Fino ad arrivare ad oggi, con il disegno di legge di An che sigillerebbe giuridicamente la pari dignità storica di chi lottò a fianco di Hitler e Mussolini e chi lotto per la libertà dell’Italia. I pochi esempi citati si sono verificati nel giro di appena quattro mesi e gli ultimi con una frequenza impressionante. La storia è cosa mutevole e solo gli ingenui penseranno che le passioni e i dettagli non si perdano dei secoli. Chi si ricorda oggi delle atrocità e degli eroismi che animarono in tutta Europa i moti del 1848? A chi importa nel 2005 del massacro che chiuse la parentesi della comune di Parigi nel 1871? Tra cent’anni, constatazione certamente amara, poco rimarrà dell’umanità che imbrattò le pareti del Novecento. Risulta inaccettabile, però, sdoganare il fascismo oggi con tanti partigiani ancora in vita, con gli artefici della nostra democrazia ancora tra di noi. Non è un caso che a demolire la Costituzione italiana fondata sull’antifascismo siano proprio gli unici a non aver partecipato alla sua redazione: i fascisti. Non permettiamo che la duxtalgia avanzi. Non lasciamoci scippare gli ultimi spiccioli di storia che ci sono rimasti.
PS: mentre finisco di scrivere l’articolo in televisione c’è una puntata di “Porta a porta” sugli anni di piombo tra “rossi” e “neri”. Un altro tassello. Ho seguito qualche minuto della trasmissione, ma questa volta non ce la faccio. Nessuno ha una svastica o un immagine di Mussolini addosso. Ma il conato di vomito sale lo stesso per l’esofago è si ferma all’ingresso della bocca. È sempre più difficile inghiottire la rabbia e l’amarezza.
da girodivite.it
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