giovedì 16 giugno 2011

Vi spiego come ha vinto Pisapia di Roberto Basso

Il risultato delle consultazioni referendarie conferma che “il vento cambia davvero” nel nostro paese. L’Italia è attraversata da fremiti di partecipazione ed entusiasmo per il voto che sembravano scomparsi, attratti nel buco nero civico dell’astensionismo.
Molti osservatori si sono cimentati nel tentativo di comprendere – a posteriori – come ciò sia accaduto. Mi pare però che fra tanti argomenti presi opportunamente in considerazione, per esempio il ruolo della Rete e dei social network, siano stati trascurati tre fattori a mio avviso determinanti.
Forse meno evidenti di altri ma particolarmente importanti perché messi in campo consapevolmente “prima” che si alzasse il vento e con l’esplicito scopo di sollecitarlo.
Li si può scorgere in azione guardando a questa fase da un punto di osservazione peculiare: Milano.
Il primo fattore decisivo di innovazione è la durata di questa campagna elettoral-referendaria: Giuliano Pisapia ha lanciato la sua candidatura a Milano nell’estate dello scorso anno e ha lavorato per cinque mesi per affermarsi nelle primarie del centrosinistra del 14 novembre 2010.
Dopo qualche settimana di riposo e di riflessione, prima di Natale, la ripresa del lavoro in vista della campagna elettorale vera e propria.
Che comincia a gennaio e termina con il voto del 30 maggio.
In totale, quindi, dieci mesi di lavoro.
Questo lasso temporale ha consentito al candidato di fare un lungo lavoro: di ascolto, di analisi, di tessitura di rapporti. Di sollecitazione civica dell’elettorato. A questo sforzo va aggiunto quello degli altri candidati delle primarie, Boeri, Onida e Sacerdoti, che hanno poi fatto convergere competenze e partecipazione sulla campagna del candidato sindaco.
Si tratta di un’anomalia per le consuetudini elettorali in Italia, almeno per le amministrative. Ritengo che la partecipazione ampia ed entusiastica alla campagna e il ritorno al voto di un numero consistente di quegli elettori che per scetticismo e disillusione si erano astenuti nel 2010 siano anche il risultato di un percorso così lungo, durante il quale Giuliano Pisapia è entrato in contatto diretto, secondo le nostre stime, con almeno 50mila persone.
La seconda novità decisiva risiede nella capacità di usare al meglio e con coerenza questo tempo. Si chiama pianificazione, e va a nozze con un principio di efficienza gestionale che è altra merce rara nelle campagne elettorali. Il candidato Pisapia, affermato avvocato e quindi ottimo “solista” sul piano professionale, ha dimostrato grande intuito: ha capito che una campagna elettorale è un progetto organizzato. Richiede competenze gestionali, coordinamento, chiarezza nei ruoli, programmazione.
Ha assegnato un incarico specifico per questa funzione, a prescindere da tutto ciò che è attività di comunicazione, relazione politica, confronti con istanze organizzate. Un frame nel quale hanno potuto svolgere il loro lavoro volontari, politici, altri professionisti. Pisapia ha saputo innovare anche attraverso uno stile di leadership diverso dalla presunta efficienza aziendalista e autoritaria tipica del berlusconismo.
La terza novità non è una novità assoluta ma sicuramente un recupero prezioso rispetto al marketing politico degli ultimi anni: è la disposizione ad assumere la responsabilità delle proprie idee e quindi a vincere convincendo. Ci siamo abituati nell’ultimo ventennio a un atteggiamento di sudditanza psicologica verso i sondaggi: “sondaggio alla mano” – come spesso recitano le cronache – verrebbero prese continuamente decisioni sulle politiche e sulla comunicazione del Palazzo. È quello che gli anglosassoni chiamano “governing by polls” e che già nel 2010 Barack Obama bocciava come atteggiamento radicalmente sbagliato. Chi si candida a governare (un ente locale o uno Stato) deve avere un progetto e deve ispirare ai suoi concittadini la fiducia in quel progetto attraverso il dialogo e la passione, dimostrando di essere credibile nel proposito di realizzarlo.
La recente tornata di primarie nel centrosinistra, l’esito delle elezioni amministrative e questo referendum che si è svolto sotto la spinta evidente di quello stesso vento sono la dimostrazione che vincere a sinistra si può, a patto di crederci abbastanza da investire molto tempo, di organizzarsi senza scimmiottare i modelli degli avversari, e soprattutto di avere fino in fondo il coraggio delle proprie idee.
Roberto Basso
(spin doctor del sindaco di Milano)

Fonte: quotidiano EUROPA

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