Lettera aperta alla Gad di Lorenzo Guadagnucci
“Perché taci su Bolzaneto?”
Cara Gad,
giovedì scorso è cominciata l’udienza preliminare di un processo piuttosto
importante, almeno secondo noi del Comitato Verità e Giustizia per Genova.
Riguarda gli innumerevoli abusi compiuti fra il 20 e il 22 luglio 2001 nella
caserma di Bolzaneto, alla periferia di Genova. Erano i giorni del G8 e la
caserma veniva usata come ufficio matricola: vi passavano i fermati prima di
essere trasferiti nelle carceri del Nord Italia. Gli imputati sono 47:
sedici agenti penitenziari, quattordici poliziotti, dodici carabinieri e
cinque medici. I capi d’accusa sono numerosi e gravi: abuso d’ufficio,
lesioni, percosse, ingiurie, violenza privata, abuso di autorità, minacce,
falso, omissione di referto, favoreggiamento personale, con l’aggiunta della
violazione della convenzione internazionale per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo.
Ciò che accadde in quella caserma è noto a tutti e non ti sarà sfuggito: le
testimonianze rese dai 255 malcapitati passati in quell’inferno sono
pubbliche. Chiunque le abbia lette, ne è rimasto scioccato. C’è chi racconta
dei piercing strappati a forza, chi delle ore trascorse in piedi con le
braccia contro il muro e le gambe larghe senza mangiare né bere, chi dei gas
urticanti lanciati nelle celle. Tutti ricordano il cosiddetto comitato
d’accoglienza. Appena entrati in caserma, i fermati erano costretti a
passare fra due file di agenti schierati, che “salutavano” ogni nuovo
arrivato con calci, sputi, pugni, insulti. Il procuratore capo di Genova, un
uomo prudente, non ha esitato a definire sadico il comportamento di molti
agenti.
Ti scrivo, cara Gad, perché giovedì scorso mi hai profondamente deluso.
Credevo, nella mia fiduciosa ingenuità, che l’avvio del processo ti avrebbe
spinto a prendere una solenne posizione contro la tortura. Mi aspettavo che
saresti intervenuta per indicare l’assoluta necessità di ottenere verità e
giustizia sui fatti di Bolzaneto, senza riguardo per alcuno e nonostante la
prescrizione incombente.
In quella caserma, per tre giorni, fu sospeso lo stato di diritto. Vi si
praticò la tortura. La nostra democrazia ebbe una caduta verticale. La
discesa in quell’abisso di arbitrio e violenze ha fatto capire a noi
cittadini quanto siano vulnerabili le garanzie costituzionali. Perciò siamo
convinti, noi del Comitato, che il processo di Bolzaneto, come quello per i
pestaggi e gli arresti illegali alla scuola Diaz, siano un passaggio
fondamentale per ricostruire il tessuto democratico gravemente lacerato
durante il G8. Perciò mi hai deluso. Giovedì scorso non hai saputo dire una
parola. Non hai fatto un commento, né rilasciato una dichiarazione. Come se
l’avvio di un processo contro 47 funzionari dello Stato accusati di avere
torturato cittadini italiani e stranieri, fosse una notizia di poco conto,
meno importante, per fare degli esempi, di un treppiede lanciato senza serie
conseguenze contro il presidente del consiglio, o di un’azione dei
Disobbedienti in un supermercato. Su questi episodi, pur così circoscritti,
si è discusso per giorni, con interventi, dibattiti, dichiarazioni,
trasmissioni televisive, editoriali e commenti. Sulle torture commesse a
Bolzaneto, nella democratica Italia meno di quattro anni fa, è invece calato
il silenzio. E anche tu hai taciuto.
Avresti potuto, cara Gad, almeno dichiarare il tuo solenne impegno, in caso
di vittoria alle prossime elezioni, ad approvare una seria legge sulla
tortura: l’Italia è l’unico paese europeo a non prevedere questo reato nel
proprio ordinamento. Avresti potuto aprire una franca discussione sullo
stato dei diritti civili nel nostro paese, sempre citato nei rapporti di
Amnesty International per i maltrattamenti inflitti a fermati e detenuti,
per il pensoso stato delle carceri e, appunto, per gli abusi compiuti dalle
forze dell’ordine durante il G8 di Genova. Avresti potuto dire che senza
verità e giustizia sui fatti di Genova la nostra democrazia resta monca,
menomata nella credibilità. Avresti potuto annunciare il tuo impegno a
varare nella prossima legislatura una commissione parlamentare d’inchiesta.
Avresti potuto fare e dire molte cose. Invece hai taciuto.
Certo, quello cominciato giovedì, e l’altro per i fatti della Diaz che
inizierà il 6 aprile, sono processi con imputati molto particolari:
funzionari e dirigenti di polizia, carabinieri, agenti penitenziari. Ma non
sono processi contro la polizia, i carabinieri, la polizia penitenziaria.
Anzi. Sono processi che potrebbero ripristinare la sovranità della legge e
delle garanzie costituzionali. Questa è una necessità non solo per noi
cittadini, ma per le stesse forze dell’ordine, per i poliziotti, i
carabinieri, gli agenti penitenziari che vogliono lavorare in un contesto di
democrazia e di legalità, in cui non ci siano zone franche di arbitrio e di
impunità.
Come sai, cara Gad, in questi anni i vertici delle forze di polizia e lo
stesso governo, nonostante le prove degli innumerevoli abusi compiuti a
Genova, hanno rifiutato di fare autocritica e di chiedere scusa a chi ha
dovuto subire angherie ingiustificate. In questo modo i nostri diritti sono
stati calpestati due volte.
Oggi, tacendo, si diventa complici di chi vorrebbe farci dimenticare che sui
diritti della persona e sulle libertà civili non si transige. Viviamo tempi
difficili. La tortura, nel mondo, viene praticata da paesi che siamo
abituati a considerare democratici. Noi italiani non abbiamo avuto la nostra
Abu Ghraib, ma quanto accadde nella caserma di Bolzaneto fa vergognare
chiunque abbia un minimo di simpatia per lo stato di diritto.
Sappiamo bene che ogni cedimento sul piano dei diritti civili è la premessa
per nuove restrizioni delle libertà e delle garanzie: ce lo insegnano tutte
le organizzazioni di tutela dei diritti umani. Cara Gad, il tuo silenzio
giovedì mi fa temere che tu stai cedendo, che forse hai già ceduto.
Lorenzo Guadagnucci
Comitato Verità e Giustizia per Genova
guadagnucci@libero.it – 3803906573

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