Fonti:
- “Se li conosci li eviti” di Marco Travaglio e Peter Gomez
- Ministero dell’Interno www.interno.it
Berlusconi Silvio:
2 amnistie (falsa testimonianza P2 e falso in bilancio Macherio);
1 assoluzione dubitativa (corruzione Gdf, falso bilancio Medusa);
1 assoluzione piena (corruzione giudici Sme-Ariosto);
2 assoluzioni per depenalizzazione del reato da parte dello stesso imputato (falsi in bilancio All Iberian, Sme-Ariosto);
8 archiviazioni (6 per mafia e riciclaggio, 2 per concorso in strage);
6 prescrizioni (finanziamento illecito a Craxi con All Iberian; falso in bilancio Macherio;
falso in bilancio e appropriazione indebita Fininvest;
falso in bilancio Fininvest occulta;
falso in bilancio Lentini;
corruzione giudiziaria Mondadori;
processi in corso: Telecinco (falso bilancio, frode fiscale, violazione antitrust spagnola), caso Mills (corruzione giudiziaria), diritti Mediaset (appropriazione indebita, falso bilancio, frode fiscale), Saccà (corruzione); indagini in corso per istigazione alla corruzione di alcuni senatori;
caso Ruby....
Bergamini Deborah: La sua posizione è al vaglio della Procura di Roma, cui i pm di Milano hanno trasmesso il fascicolo relativo all’ipotesi di interruzione di pubblico servizio, in concorso con l’allora dg Rai Flavio Cattaneo, per aver ritardato le notizie sui risultati elettorali delle regionali 2005, molto negativi per il governo Berlusconi.
Berruti Massimo Maria: Condannato in via definitiva a 8 mesi per favoreggiamento, per aver depistato nell’estate del 1994 le indagini sulle tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza dopo una visita a Berlusconi a Palazzo Chigi.
Brancher Aldo: Condannato in primo grado e in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito al Psi, si salva in Cassazione grazie alla prescrizione (per il secondo reato) e alla depenalizzazione del reato (il primo) da parte del suo stesso governo. Indagato a Milano per ricettazione nell’indagine sulla scalata di Fiorani (Bpl) all’Antonveneta: la Procura trova un conto alla Banca Popolare di Lodi intestato alla moglie di Brancher con un affidamento e una plusvalenza sicura di 300mila euro in due anni.
De Angelis Marcello: Condannato in via definitiva a 5 anni di carcere (di cui 3 scontati in carcere) per banda armata e associazione sovversiva come dirigente e portavoce del gruppo neofascista Terza Posizione, fondato da Roberto Fiore, Gabriele Adinolfi e Ciccio Mangiameli.
De Luca Francesco: Deputato forzista uscente, ora accasato con la Dc di Rotondi, è indagato dalla Procura di Milano per tentata corruzione in atti giudiziari. Dalle intercettazioni delle sue telefonate con l’avvocatessa del clan camorristico dei Guida, molto attivo a Milano, gli inquirenti hanno scoperto che la donna si era rivolta a lui, nell’autunno del 2006, per aggiustare un processo a carico dei suoi clienti davanti alla V sezione della Cassazione. E gli aveva inviato un appunto con gli estremi della “pratica” addirittura via fax, su un’utenza del Senato. De Luca rispose di averlo “dato a quella persona”, che “sta per andare via” (dalla Cassazione), ma “chi lo sostituisce è un amico”. Quando gli inquirenti si rendono conto che l’avvocatessa parla con un deputato, interrompono gli ascolti, come imposto dalla legge Boato, e chiedono alla Camera l’autorizzazione a usare telefonate e tabulati. La giunta per le autorizzazioni della Camera decide di non decidere, “concordando all’unanimità un rinvio dell’esame”. Così, intanto, viene sciolto il Parlamento e De Luca – che nega di aver mai contattato magistrati di Cassazione e parla di “equivoco” - viene ricandidato alla Camera in un posto sicuro nelle liste del Pdl, in Veneto1.
Farina Renato: Nel 2007 ha patteggiato una pena di 6 mesi di reclusione per favoreggiamento nel sequestro di Abu Omar, l’imam egiziano rifugiato in Italia, sequestrato a Milano il 17 febbraio 2003 dalla Cia con l’aiuto del Sismi, trasportatonella base americana di Aviano e di lì deportato in Egitto, dove fu torturato per sette mesi. Farina, attivato dal Sismi per depistare le indagini con notizie false e persino per scoprire che cosa sapesse del sequestro
la Procura di Milano, accetta di andare a «intervistare» i due procuratori aggiunti che se ne occupano, Armando Spataro e Ferdinando Pomarici. Non per pubblicare le loro risposte sul suo giornale, ma per carpire loro informazioni utili sull’inchiesta e metterli fuori strada nelle indagini. Per questi fatti e per i compensi in denaro (almeno 20 mila euro) ricevuti dal Sismi, Farina è stato anche espulso dall’Ordine dei giornalisti, ma continua a scrivere su Libero con un contratto da impiegato.
FittoRaffaele: Indagato a Bari per corruzione, falso e illecito finanziamento ai partiti, nel 2006 s’è salvato dalle manette perché la Camera ha respinto la richiesta di autorizzazione ad arrestarlo inoltrata dai giudici di Bari. Nel dicembre 2007 la Procura barese ha comunque chiesto il suo rinvio a giudizio per corruzione e illecito finanziamento. L’accusa riguarda presunte tangenti versate a Fitto da Giampaolo Angelucci, re delle cliniche private (anche lui imputato a Bari), che gli avrebbe allungato 500mila euro per la sua lista alle elezioni regionali del 2005 (poi perdute contro Nichi Vendola) in cambio di favori illeciti per vincere l’appalto da 198 milioni che gli ha consegnato le undici residenze sanitarie «assistite» dalla Regione Puglia.
Galati Giuseppe: Ex Udc recentemente passato a Forza Italia, è indagato a Catanzaro per associazione a delinquere, truffa e violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete. Il pm Luigi De Magistris (nell’indagine «Poseidone», poi avocata dal procuratore Mariano Lombardi) ipotizza che Galati facesse parte di un comitato d’affari che si occupava di spartire tra i vari partiti i fondi pubblici stanziati dalla Regione e dall’Unione europea.
Landolfi Mario: Ex ministro delle Telecomunicazioni e presidente della commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai, è indagato in Campania per corruzione e truffa «con l’aggravante di aver commesso il fatto per agevolare il clan mafioso La Torre» nell’ambito di un’inchiesta sui fratelli Orsi, due imprenditori casertani diventati i re dei rifiuti grazie al legame con la camorra e alle relazioni politiche a destra e sinistra. Contro Landolfi gli investigatori hanno raccolto molte dichiarazioni. Al centro di tutto ci sono i posti di lavoro. Quando i politici chiedevano, il contratto doveva spuntare fuori a tutti i costi. Spiega Michele Orsi: “Circa il 70 per cento delle assunzioni poi operate erano inutili ed erano motivate per lo più da ragioni politicoelettorali, richieste da Landolfi, Valente [il presidente del consorzio comunale, nda] e Cosentino [il coordinatore regionale di Forza Italia, nda]... Molte delle assunzioni erano non solo inutili ma sostanzialmente fittizie, dato che questi non svolgevano alcuna attività”. Questi «favori» poi diventavano voti. Raffaele Chianese, capo della segretaria di Landolfi - arrestato nel dicembre del 2007 col segretario particolare dell’onorevole, Cosimo Chianese, per aver organizzato corsi professionali fantasma in cambio di 250 mila euro di finanziamenti dall’Unione europea - raccomanda un uomo vicino alle cosche con queste testuali parole: «Quello vale cento voti!». E Orsi replica promettendo il contratto: «Tieni presente che siamo vicini a te e Mario per queste elezioni. Qualunque cosa...». Risposta: «Grazie, a buon rendere».
Spiega un pentito: “Quasi tutte le persone che a Mondragone lavorano per la nettezza urbana sono state raccomandate dal clan. Qualunque iniziativa volessero prendere i lavoratori dovevano concordarla con il clan, compreso l’iscrizione al sindacato o iniziative di protesta. Mi risulta che nel corso degli anni sono stati organizzati dalla cosca vari pranzi elettorali per cercare di far votare tutti i dipendenti della nettezza urbana per una certa persona…
Per le ultime politiche è stato organizzato un rinfresco a favore di Landolfi a cui pure hanno partecipato tutti i dipendenti della nettezza urbana. In quest’ultima occasione il clan si è occupato soltanto di far andare tutti all’incontro”. I consorzi che gestiscono i rifiuti sono espressione diretta dei partiti. Lo racconta Giuseppe Valente, numero uno della società mista che si occupa di pulire diciotto comuni sul litorale Domiziano, che dopo l’arresto ammette di avere «assunto la presidenza quale incarico squisitamente politico, previa intesa con i referenti politici, i parlamentari Landolfi, Cosentino e Coronella [senatore e leader provinciale di An, nda]». Ma non si tratta di semplice lottizzazione. Dietro i consorzi oltre che la politica c’è pure la camorra. Chianese, il «portaborse » di Landolfi, dice al telefono che prima nella società della nettezza urbana «c’erano ventidue assunti ma dieci erano camorristi. Non lavoravano, si pigliavano solo lo stipendio». Il seguito dell’intercettazione è anche peggiore: «Quanti ce ne possono servire per pulire Mondragone? Trentacinque a esagerare. Invece ora ce ne stanno 86, chi li deve pagare?». Lo Stato però davanti al dilagare della camorra sembra inerte. Dalla Prefettura di Caserta
– dicono gli atti della Procura – le informative di polizia arrivavano direttamente nelle mani sbagliate. E se si cercava di applicare le misure minime di legge, come l’obbligo di certificato antimafia per gli appalti, c’era sempre un parlamentare pronto a trovare una scorciatoia. Spiega ancora Orsi: “Quanto alle mie richieste rivolte ai politici di interessarsi per il rilascio della certificazione antimafia, faccio presente che sollecitai direttamente l’onorevole Cosentino e – tramite Valente – Mario Landolfi. Cosentino mi diede assicurazioni sul fatto che si sarebbe
interessato: ricordo che questi ebbe a chiamare telefonicamente, innanzi a me, il dottor Provolo [il vice-prefetto, nda] con il quale prese un appuntamento per avere dei chiarimenti”. E Landolfi? “Chianese ci disse di aver ricevuto da Landolfi l’indicazione proveniente dalla Prefettura... sottolineando che grazie a lui Landolfi si era recato presso la Prefettura per perorare il rilascio della certificazione antimafia”. Dagli atti spunta poi un dialogo sconcertante. Sergio Orsi, uno dei re dei rifiuti, si fa avanti offrendo «amicizia». E Chianese replica: «Mario i soldi se li può prendere solo da me, e non se li può prendere da nessun altro, quindi è inutile...». Poi precisa: «Lui soldi non ne piglia... Cioè, i soldi che danno per fare l’attività. Finanzia il partito... Io me ne avvantaggio dal partito, perché io prendo un incarico... e giustamente devo dare un contributo...».
A quel punto il portaborse spiega: «Tu puoi partecipare... se tu devi prendere un appalto per un lavoro, anziché darlo ad un altro, lo dai a me... È un contributo anche questo...».
Nessa Pasquale: Imputato a Bari per concussione, il 18 luglio 2005 scampa all’arresto nella sua città solo perché parlamentare e dunque intoccabile. Invece il suo presunto complice in una storia di presunte tangenti, l’ingegner Camillo Dell’Anno (dirigente del settore urbanistico del comune di Martina Franca), viene subito incarcerato con la stessa accusa.
Sono entrambi accusati di essersi spartiti nel dicembre 2003 una mazzetta di circa 100mila euro per un’autorizzazione edilizia, dall’Itacasa Immobiliare Srl, società che aveva chiesto di realizzare a Martina Franca un fabbricato per abitazioni civili e locali commerciali. Gli stessi amministratori della ditta denunciarono a suo tempo di essere stati costretti a pagare la tangente per ottenere le necessarie autorizzazioni dal comune. Il gip Fiore chiede al Senato l’autorizzazione ad arrestare anche Nessa, ma non ha mai ricevuto risposta. Comunque la Procura ha chiesto
il suo rinvio a giudizio.
Papa Alfonso : Magistrato napoletano in aspettativa, vicecapo di gabinetto del ministero della Giustizia sotto i ministeri Castelli e Mastella, viene indagato dal Tribunale dei ministri di Roma per abuso d’ufficio patrimoniale per alcune consulenze “facili” insieme allo stesso castelli e ad altri dirigenti di Via Arenula. Ma si salva dal processo grazie al voto del Senato, che nel dicembre 2007 respinge la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del ministro leghista e dei suoi collaboratori, regalando l’immunità parlamentare anche a quelli che parlamentari non sono. Come, appunto, Papa. Che viene prontamente candidato dal Pdl in Campania.
Pecorella Gaetano: Imputato a Brescia per favoreggiamento nelle stragi di piazza Fontana e piazza della Loggia: nel 2007, dopo cinque anni di indagini, la Procura ha chiesto il suo rinvio a giudizio con l’accusa di aver corrotto un pentito di Ordine nuovo, Martino Siciliano, testimone-chiave nei processi per le due stragi nere, perché ritrattasse le sue accuse contro Delfo Zorzi, cliente di Pecorella, indicato come l’autore materiale del primo eccidio e coinvolto anche nel secondo. Ad accusare Pecorella è lo stesso Siciliano, il quale sostiene che Zorzi gli avrebbe versato 115 mila dollari tramite il suo ex difensore Fausto Maniaci, dopo un presunto accordo con Pecorella, legale di Zorzi (all’epoca latitante in Giappone). Siciliano viene arrestato il 10 giugno 2002 con l’accusa di aver intascato 5.000 dollari – primo anticipo dei «500mila promessi» – in
cambio della ritrattazione.
Pittelli Giancarlo: Indagato a Catanzaro per associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e “appartenenza a loggia massonica segreta o struttura similare” e a Salerno per rivelazione di segreto, diffamazione e calunnia nei confronti del pm De Magistris, e pare anche per corruzione giudiziaria. L’indagine a suo carico è quella denominata «Poseidone» e avviata da De Magistris sui finanziamenti europei milionari per alcuni depuratori mai realizzati in Calabria. Pittelli, oltre a essere l’avvocato difensore di numerosi indagati, viene inquisito lui stesso quando il magistrato trova traccia di un suo versamento di 100 mila euro sui conti di Fabio Schettini, segretario del commissario europeo Franco Frattini (FI), anche lui sotto inchiesta insieme a decine di altri politici, imprenditori, amministratori e professionisti. Ma l’inchiesta viene tolta al pm titolare dal suo capo, Mariano Lombardi, amico intimo di Pittelli (il figliastro del procuratore è socio in affari del sen. avv.) e alla fine la Procura chiede l’archiviazione per Pittelli. Il quale però rimane indagato a Catanzaro.
Russo Paolo: Ex presidente della commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti in Campania, è stato indagato dalla Dda di Napoli per concorso esterno in associazione mafiosa, nell’ambito di indagini sulla camorra del Nolano per i suoi rapporti con un imprenditore vicino, secondo gli inquirenti, ai clan della zona. Ma alla fine la Procura ha chiesto l’archiviazione, almeno per questa accusa. Russo resta però indagato nello stesso procedimento per violazione della legge elettorale. Candidato Pdl alla Camera in Campania.
Scelli Maurizio: ex commissario straordinario della Croce rossa italiana, già fondatore del partito centrista “Italia di nuovo” (“Né con Prodi né con Berlusconi”, 2006), sospettato di aver intermediato il riscatto per la liberazione di alcuni ostaggi in Irak, per esempio le “due Simone”, è accusato dalla Procura militare di Roma e dalla Corte dei Conti di aver dirottato verso altre destinazioni 17 milioni di euro destinati alla missione “Antica Babilonia” a Nassiriya “per interventi urgenti a favore della popolazione irakena”. Che fine han fatto tutti quei quattrini sborsati dallo Stato tramite i ministeri degli Esteri e della Difesa per alcuni ospedali da campo in Irak? Sarebbero stati - secondo l’accusa – “distratti per esigenze economiche interne
alla Croce rossa italiana” fra il 2003 e il 2006, invece di essere restituiti al governo. Di più: quando partì l’inchiesta, i vertici della Cri avrebbero tentato di nascondere la verità con “comunicazioni incomplete o non veritiere sulla effettiva utilizzazione del contributo”. Scelli è candidato del Pdl alla Camera in Abruzzo.
Simeoni Giorgio: Indagato a Roma per associazione per delinquere e corruzione nello scandalo delle tangenti sulla sanità nel lazio nato dalle confessioni di “Lady Asl”, per aver «usato il suo ruolo per appropriarsi di denaro pubblico in modo reiterato» e di aver pure inquinato le prove, nel 2006 s’è salvato dall’arresto perché la Camera ha respinto la richiesta dei giudici.
Speciale Roberto: Ex comandante generale della Guardia di Finanza, è indagato dalla Procura militare di Roma per il presunto utilizzo privato di mezzi della GdF. Il procuratore militare Antonino Intelisano ha tra l’altro acquisito un filmato delle Fiamme Gialle, girato in una fredda mattina del febbraio 2005 a Passo Rolle, in Trentino Alto Adige, che documenta come
Speciale portò in montagna parenti e amici per una festa, utilizzando un Atr 42 a turboelica del Corpo, destinato al contrasto del contrabbando e alle missioni umanitarie. La festa si sarebbe dovuta concludere con una mangiata di pesce fresco, trasportato in casse caricate all’aeroporto di Pratica di Mare e spedite con volo militare. Spigole mai arrivate, ma solo per colpa del maltempo. Un altro capitolo dell’indagine riguarda l’utilizzo dei fondi riservati della Guardia di finanza da parte del generale. Speciale si difende così: «Come ogni anno ci siamo recati a Passo Rolle per chiudere le gare invernali della Guardia di finanza, una cerimonia alla quale faceva da madrina come da prassi la moglie del comandante generale». Ma, stando a quanto scritto dai giornali, la Procura militare ha accertato che l’ex comandante Speciale ha utilizzato l’Atr 42 in dotazione al Corpo in occasione di almeno 45 week-end e che l’aereo, per suo ordine e a spese delle Fiamme gialle, era stato «riconfigurato» negli hangar dell’aeroporto militare di Pratica di Mare, in modo da ospitare poltrone «business» per almeno otto passeggeri. Costo per le casse dello Stato: 3.885,91 euro l’ora. Anche per questo la Procura della Corte dei Conti ha avviato nei confronti del generale un procedimento di responsabilità per il danno erariale procurato dai suoi viaggi a scrocco al Passo Rolle, chiedendogli il conto per almeno 32 mila euro di gite aviotrasportate con spigole d’alta quota, più il danno d’immagine per il corpo delle Fiamme Gialle. Ironia della sorte: la Procura della Corte dei Conti è proprio l’ufficio dove il governo Prodi avrebbe voluto dirottare il generale Speciale, dopo la rimozione da comando generale della Guardia di finanza.
Tortoli Roberto: Indagato dalla Procura di Arezzo per concorso in estorsione in uno scandalo che ruota intorno allacostruzione di una multisala cinematografica ad Arezzo.
Bossi Umberto: Condannato in via definitiva a 8 mesi di reclusione per 200 milioni di finanziamento illecito dalla maxitangente Enimont; condannato in via definitiva per istigazione a delinquere e per oltraggio alla bandiera; indagato e imputato in altri procedimenti penali. Il 16 dicembre 1999 la Cassazione l’ha condannato a 1 anno per istigazione a delinquere, per aver incitato i suoi, in due comizi a Bergamo nel 1995, a «individuare i fascisti casa per casa per cacciarli dal Nord anche con la violenza». Tremaglia, suo futuro collega ministro, l’aveva denunciato. Altra condanna definitiva nel 2007 a 1 anno e 4 mesi (poi commutati in 3.000 euro di multa, interamente coperti da indulto) per vilipendio alla bandiera italiana, per aver dichiarato nel 1997: «Quando vedo il tricolore mi incazzo. Il tricolore lo uso per pulirmi il culo». Niente sospensione condizionale della pena, che però è coperta da indulto (che cancella anche quelle pecunarie fino a 10 mila euro): insomma, Bossi non pagherà nemmeno un euro. Inoltre ha un altro processo in corso per lo stesso reato, per aver detto, sempre nel 1997, durante un comizio: «Il tricolore lo metta al cesso, signora... Ho ordinato un camion di carta igienica tricolore personalmente, visto che è un magistrato che dice che non posso avere la carta igienica tricolore». Nel 2002 la Camera ha negato ai giudici l’autorizzazione a procedere, ritenendo le espressioni rientranti nella libera attività parlamentare e dunque coperte da insindacabilità; ma nel 2006 la Consulta ha annullato la delibera di Montecitorio, disponendo che Bossi sia processato
come un comune cittadino. Il Senatùr è invece uscito indenne dal lungo processo per resistenza a pubblico ufficiale, in seguito agli scontri con la polizia che perquisiva, il 18 settembre ’96, la sede leghista di via Bellerio a Milano: condannato a 7 mesi in primo grado e a 4 in appello, Bossi s’è visto annullare con rinvio la seconda condanna dalla Cassazione, che ha disposto un nuovo processo d’appello. E qui, nel 2007, è stato assolto. Ancora aperto, invece, il processo di Verona per le camicie verdi della cosiddetta Guardia nazionale padana costituita nel 1996: Bossi, con altri quarantaquattro dirigenti leghisti, deve rispondere in udienza preliminare di attentato alla Costituzione e all’unità dello Stato, nonché di aver costituito una struttura paramilitare fuorilegge. Ma, almeno in questo caso, rischia poco o nulla: allo scadere dell’ultima legislatura, la maggioranza di centrodestra ha riformato i primi due reati (punibili ora solo in presenza di atti violenti), in modo da assicurarne la decadenza al processo di Verona. L’ennesima legge ad personam. Una volta tanto non per il Cavaliere, ma per il Senatùr. Il procuratore di Verona Guido Papalia, però, tiene duro sull’accusa residua di associazione paramilitare. Allora, nel 2007 la Camera regala l’insindacabilità ai deputati imputati, tra i quali Bossi, Calderoli e Maroni,
quasi che la Guardia Padana fosse un’«opinione». A quel punto Papalia ricorre nuovamente alla Consulta con un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, come ha già fatto contro un analogo provvedimento impunitario adottato dal Senato per salvare Gnutti e Speroni.
Bragantini Matteo: Nel 2004 è stato condannato in primo grado a 6 mesi di carcere e a 3 anni d'interdizione dall'attività politica, per istigazione all’odio razziale e propaganda di idee razziste. Nell’agosto-settembre 2001 la Lega Nord di Verona aveva organizzato una campagna (“Firma anche tu per mandare via gli zingari dalla nostra città”) contro la comunità Sinta di Verona. Nelle motivazioni, i giudici di primo grado scrivono che Bragantini e i suoi 6 coimputati, fra i quali l’attuale sindaco leghista di Verona Flavio Tosi, hanno “diffuso idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale ed etnico e incitato i pubblici amministratori competenti a commettere atti di discriminazione per motivi razziali ed etnici e conseguentemente creato… un concreto turbamento alla coesistenza pacifica dei vari gruppi etnici nel contesto sociale al quale il messaggio era indirizzato”. Il 30 gennaio 2007, la Corte d’appello di Venezia riduce la pena da 6 a 2 mesi, assolvendo i leghisti dall'istigazione all'odio razziale, confermando la condanna per la propaganda razzista e i risarcimenti ai sette Sinti (2500 euro per ciascuno) e all’ente morale Opera Nomadi (8 mila euro), costituitisi parte civile.
Calderoli Roberto: Indagato a Milano per ricettazione nell’inchiesta sulla Bpl di Giampiero Fiorani. Il quale sostiene di averlo foraggiato per garantirsi l’appoggio politico della Lega durante il suo tentativo di scalata alla Banca Antonveneta: con il suo sottosegretario Brancher, l’allora ministro delle Riforme si sarebbe spartito 200mila euro. Salvo per prescrizione nel processo per i tafferugli con la polizia nella sede leghista di via Bellerio a Milano (resistenza a pubblico ufficiale), Calderoli è scampato al processo in corso a Verona per le camicie verdi (attentato alla Costituzione e all’unità dello Stato, struttura paramilitare fuorilegge) grazie a una legge ad personam e all’insindacabilità regalatagli dal Senato (contro cui però la Procura ricorrerà alla Consulta).
Caparini Davide: prescrizione nel processo per resistenza a pubblico ufficiale nel processo sui tafferugli con la polizia durante una perquisizione nella sede leghista di via Bellerio a Milano.
Castelli Roberto: Indagato per abuso d’ufficio patrimoniale per alcune consulenze facili al ministero della Giustizia durante il secondo governo Berlusconi, s’è salvato grazie al voto del Senato, che nel dicembre 2007 gli ha regalato l’immunità totale per i suoi presunti reati ministeriali, negando l’autorizzazione a procedere chiesta dal Tribunale dei ministri di Roma.
Per gli stessi fatti la Corte dei Conti l’ha condannato a rimborsare un danno erariale di 98.876,96 euro e gliene ha contestato un altro di circa 400 mila euro.
Maroni Roberto: Condannato definitivamente a 4 mesi e 20 giorni di reclusione per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, in relazione ai tafferugli durante la perquisizione della sede leghista di via Bellerio a Milano. Maroni, prima di finire in ospedale con il naso rotto, avrebbe tentato di mordere la caviglia di un agente di polizia. Di qui la condanna a 8 mesi in primo grado, poi dimezzata in appello e in Cassazione. Maroni è anche imputato a Verona come ex capo delle camicie verdi, insieme a una quarantina di dirigenti leghisti, con le accuse di attentato contro la Costituzione e l’integrità dello Stato e creazione di struttura paramilitare fuorilegge. Ma i primi due reati sono stati ampiamente ridimensionati da una riforma legislativa ad hoc, varata dal centrodestra nel 2005, allo scadere della penultima legislatura. Resta in piedi solo il terzo.
Stefani Stefano: Indagato a Roma per concorso in truffa ai danni dello Stato e riciclaggio, ha ottenuto la richiesta d’archiviazione del procedimento perché la Procura non ha potuto usare le intercettazioni indirette che facevano sospettare qualcosa di poco chiaro nella vicenda dei finanziamenti pubblici al quotidiano «Il Giornale d’Italia». In pratica, come molti suoi colleghi parlamentari, anche Stefani è un miracolato dalla legge Boato che – prima della sentenza della Consulta del 2007– rendeva inutilizzabili le intercettazioni in cui compariva la voce di un eletto dal popolo.
Romano Francesco Saverio: Indagato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa con l’accusa di aver accompagnato il suo leader, Salvatore Cuffaro, a incontrare alcuni esponenti di Cosa nostra, ha ottenuto l’archiviazione nel 2003 per il caso Guttadauro-Cuffaro; ma dall’inizio del 2006 è stato di nuovo inquisito dalla Dda palermitana per concorso esterno, dopo le rivelazioni del pentito Francesco Campanella a proposito di altri presunti summit con mafiosi.
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