domenica 10 aprile 2005

Il problema della qualificazione soggettiva del concepito

1 PAOLO PAPANTI-PELLETIER
Il mio intervento tenterà di focalizzare le prospettive civilistiche
del tema della qualificazione giuridica soggettiva del concepito, che, per
singolare coincidenza, è stato intitolato negli stessi termini dal Collega ed
Amico Prof. Pierfrancesco Grossi.
Si tratta di un tema che tocca non solo i punti nodali della legge
che stiamo esaminando, ma anche i fondamenti costituzionali del diritto
delle persone e, più in generale, del diritto privato.
Il civilista non può non prendere le mosse dal codice civile che,
all?art. 1, come noto, disciplina la capacità giuridica della persona fisica,
disponendo l?acquisto di tale capacità al momento della nascita, ma, al
contempo, prendendo in considerazione (al II comma) i diritti che la
legge riconosce a favore del concepito, i quali vengono subordinati
all?evento della nascita.
Fra questi, la dottrina annovera, in particolare, la riconoscibilità
del concepito quale figlio naturale, ai sensi dell?art. 254 cod. civ., la
rappresentanza del figlio nascituro da parte dei suoi genitori, prevista
dall?art. 320 cod. civ., la capacità di succedere, di cui all?art. 462 cod.
civ., e la capacità di ricevere per donazione, ai sensi dell?art. 784 cod.
civ.
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Limitando l?esame a queste due ultime disposizioni, emerge che
le espressioni usate nelle norme ora citate sono in realtà molto più ampie
di quella dell?art.1 cod. civ. In particolare, l?art. 462 cod. civ. afferma
solennemente che sono ?capaci di succedere tutti coloro che sono nati o
concepiti al tempo dell?apertura della successione?. E, analogamente,
l?art. 784 cod. civ. dispone che ?la donazione può essere fatta anche a
favore di chi è soltanto concepito?.
Tuttavia, nonostante tali ampie espressioni, non vi è dubbio che,
in base al coordinamento con il ricordato art. 1 cod. civ., l?acquisizione
anche di tali diritti ? di contenuto essenzialmente patrimoniale ? avvenga
solo al momento della nascita.
Del resto, se così non fosse, ne discenderebbe necessariamente
? come rileva un?acuta dottrina ? che, nel caso in cui la gravidanza non
giunga a termine e il concepito non nasca, si dovrebbe aprire la
successione relativa ai diritti patrimoniali che, in ipotesi, sarebbero
spettati al concepito. Ma di ciò non vi è alcuna traccia nel nostro
ordinamento, giacché la successione mortis causa presuppone, appunto,
l?evento della morte e questa, a sua volta, si riferisce solo alla persona
fisica già nata.
A conclusioni non dissimili si deve giungere, a mio avviso, anche
per quanto riguarda gli altri istituti richiamati, in cui la produzione degli
effetti rispettivamente considerati è rinviata alla condicio iuris
dell?evento della nascita.
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In base a tali considerazioni, qui espresse in modo
necessariamente sommario, il quesito se il concepito abbia nel nostro
ordinamento la capacità giuridica piena deve, a mio avviso, avere
risposta negativa.
È ben noto peraltro che vi sono varie proposte di legge, anche di
iniziativa popolare, volte ad estendere tale capacità al concepito. Ma,
proprio per ciò, si tratta di una regolamentazione de iure condendo, che,
allo stato, non è vigente nel nostro ordinamento.
Il problema della qualificazione soggettiva del concepito non può
tuttavia considerarsi risolto in base a queste considerazioni. Ed invero,
già sulla base dei dati normativi sopra evidenziati emerge che, per quanto
attiene alla tutela delle acquisizioni in fieri dei diritti citati, si pone il
problema dell?individuazione della qualifica da attribuire al titolare
dell?aspettativa di diritto, a cui la situazione di pendenza delle fattispecie
illustrate dà luogo. È infatti indubbio che la situazione di pendenza della
illustrata condicio iuris postuli la necessità della tutela, sia pure soltanto
conservativa, della situazione soggettiva che ne deriva; e tale tutela non
può attuarsi se non individuando nel concepito il soggetto titolare della
anzidetta aspettativa, mentre ai genitori spetta la legale rappresentanza
del nascituro, ai sensi dell?art. 320 cod. civ., per quanto attiene
all?esercizio della stessa tutela.
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Ciò porta, già alla stregua delle norme codicistiche e dei principi
di teoria generale del diritto, a riconoscere al concepito una soggettività
giuridica, distinta ? per quanto detto ? dalla capacità giuridica.
Ma il diritto civile non si esaurisce, come noto, nel codice civile,
dovendo integrarsi con la legislazione speciale e con i principi e le norme
costituzionali.
Per quanto riguarda la prima, la norma più significativa è
? paradossalmente ? dettata dalla legge n. 194/1978 sull?interruzione
volontaria della gravidanza, che all?art. 1 solennemente proclama che ?lo
Stato (?) tutela la vita umana dal suo inizio?. A tal proposito, va
rilevato che la Corte costituzionale, chiamata nel 1997 a pronunciarsi
sull?ammissibilità del referendum abrogativo di tale legge, dichiarò
l?inammissibilità dello stesso referendum, proprio facendo leva sul fatto
che il suo art. 1 ?stabilisce che la vita umana debba essere tutelata sin
dal suo inizio? (sentenza Corte costituzionale n. 35/1997, estensore
Vassalli). La sentenza prosegue affermando che nel citato articolo, nella
parte in cui si afferma che lo Stato, le Regioni e gli enti locali devono
adoperarsi per evitare che l?aborto sia usato ai fini della limitazione delle
nascite, ?è ribadito il diritto del concepito alla vita?. Ed infatti, prosegue
la Corte, ?la limitazione programmata delle nascite è proprio l?antitesi di
tale diritto, che può essere sacrificato solo nel confronto con quello
? pure costituzionalmente tutelato e da iscriversi tra i diritti inviolabili ?
della madre alla salute e alla vita ?.
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A tale proposito, la richiamata sentenza cita ampiamente un?altra
pronuncia storica della stessa Corte costituzionale, la sentenza n. 27 del
1975, la quale, nel dichiarare l?illegittimità parziale dell?art. 546 cod.
pen. (reato di procurato aborto), affermò che ha fondamento
costituzionale la tutela del concepito, la cui situazione giuridica si colloca
? sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie ? tra i diritti
inviolabili dell?uomo riconosciuti e garantiti dall?art. 2 Cost.,
denominando tale diritto come diritto alla vita, oggetto di specifica
salvaguardia costituzionale.
La citata sentenza del 1975 inoltre, riconoscendo, ovviamente,
quali diritti fondamentali anche quelli relativi alla vita e alla salute della
donna gestante, stabilì che ?il bilanciamento tra detti diritti fondamentali,
quando siano entrambi esposti a pericolo, si trova nella salvaguardia
della vita e della salute della madre, dovendosi peraltro operare in modo
che sia salvata, quando ciò sia possibile, la vita del feto?.
Nel contesto della legislazione speciale un altro significativo
elemento sul tema oggetto di queste riflessioni è dato dalla disposizione
dell?art. 1 della legge n. 40 del 2004, in cui ? come noto ? si afferma che
la legge ?assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il
concepito?.
Prescindendo dalla sua formulazione poco felice ed ancor più
dalla sua infelice collocazione quale inciso di una proposizione principale
in cui si pongono precetti completamente distinti, va rilevato che, nella
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sostanza, la disposizione richiamata, riafferma, per quanto riguarda il
concepito, un concetto fondamentale già espresso nell?art. 1 della citata
legge sull?interruzione della gravidanza, e cioè l?idoneità del concepito
ad essere titolare di diritti. Ed ancor più tale disposizione si pone in linea
con il riferito orientamento costante della Corte costituzionale.
Il problema si sposta allora, una volta dato per acquisito tale
elemento, ad un altro profilo: quello della individuazione dei diritti dei
quali il concepito sia titolare, dovendosi peraltro escludere, per quanto
sopra detto, che egli possegga una capacità giuridica generale.
Ancora una volta sono di fondamentale ausilio le richiamate
pronunce della Corte costituzionale, e segnatamente la n. 35 del 1997.
La motivazione fondamentale per cui fu ritenuto inammissibile il
referendum allora proposto sulla legge n. 194 del 1978 (su cui si espresse
la citata pronuncia) è costituito dal fatto che il quesito referendario era
diretto contro una legge ordinaria ?a contenuto costituzionalmente
vincolato?. Ed infatti, secondo il diritto pretorio elaborato dalla
giurisprudenza della Corte costituzionale (in particolare, con la sentenza
n. 16 del 1978), sono inammissibili i referendum non solo nei casi
espressamente enunciati dall?art. 75, II comma, Cost., ma anche quando
essi tendano ad abrogare leggi ordinarie, la cui eliminazione
determinerebbe la soppressione di una tutela minima per situazioni che,
in quanto espressione di valori costituzionali, tale tutela esigono proprio
secondo la Costituzione.
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E, proprio in base a questa motivazione è stato ritenuto
inammissibile il referendum diretto all?abrogazione dell?intera legge n.
40 del 2004. Ed infatti, con la sentenza n. 45 del 2005 la Corte
costituzionale, dopo aver ricordato l?evoluzione giurisprudenziale delle
leggi a contenuto costituzionalmente vincolato, ha stabilito che il
referendum volto all?abrogazione dell?intera legge citata ?coinvolge una
normativa che è (?) costituzionalmente necessaria?.
Ritornando alla citata sentenza n. 35 del 1997, la Consulta ha
affermato il diritto del concepito alla vita, con riferimento all?art. 2 Cost.,
in linea con la citata sentenza n. 27 del 1975.
È appena il caso di sottolineare, a tale proposito, che tale diritto
alla vita non è solo affermato, ma è tutelato penalmente e che la tutela
penale viene meno soltanto quando si tratta di bilanciare questo diritto
fondamentale con i concorrenti diritti fondamentali alla vita e alla salute
della madre.
Ma altri diritti di rango costituzionale sono riconosciuti al
concepito. Fra questi, un posto particolare assume il diritto alla salute, di
cui all?art. 32, I comma, Cost., indicato come ?fondamentale diritto
dell?individuo?. Ed è stato, a tale proposito, autorevolmente rilevato che
il termine ?individuo? ricorre soltanto in questa occasione nella Carta
costituzionale, la quale ha voluto in tal modo rimarcare che esso spetta
non solo alle persone già nate, ma anche a quelle concepite.
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Su questo punto, assume particolare rilievo l?applicazione che di
tale diritto ha fatto la sentenza della Corte di cassazione n.11.503 del
1994, che ha riconosciuto la risarcibilità del danno alla salute del
concepito, affermando che, se è vero che il codice civile non gli
attribuisce la ?personalità? giuridica, è altrettanto vero che dall?art. 32
Cost. ?si evince chiaramente che il legislatore ha inteso tutelare
l?individuo sin dal suo concepimento, garantendo (?) che sia fatto il
possibile per favorire la nascita e la salute?. Dal che, nel caso sottoposto
al suo esame, la Corte ha fatto discendere la risarcibilità del danno subìto
dal concepito per una cerebropatia irreversibile, determinata dal
negligente comportamento dei medici durante il parto.
È stato inoltre riconosciuto, in base al citato art. 32 Cost., il
risarcimento del danno alla persona nata malformata a causa di un grave
fatto illecito verificatosi durante la gravidanza (nella specie, si trattava di
un calcio inferto dal padre al ventre della madre incinta). È stato altresì
ritenuto risarcibile il danno consistente in una grave malattia derivata
dalla assunzione, da parte della madre, di sostanze che malformano il
feto, quando tale assunzione sia avvenuta con colpa grave o con dolo.
La giurisprudenza, in base agli artt. 30 e 31 Cost., afferma poi
l?esistenza del diritto del concepito ad avere i genitori. Tale diritto si
manifesta, in particolare, nella ritenuta ammissibilità, in sede di
separazione personale, di una pronuncia anticipata di affidamento del
figlio concepito, nonché nel risarcimento del danno che il soggetto, una
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volta nato, può chiedere, per essere stato il proprio padre ucciso quando
egli era solo concepito.
Infine, ma di non minore rilievo, un altro diritto che sicuramente
compete al concepito è quello che, secondo la Convenzione di Oviedo,
spetta ?a tutti gli esseri umani?, di essere tutelati nella loro dignità ed
identità. Tale Convenzione, ratificata dallo Stato italiano, è richiamata
anche nella citata sentenza della Corte costituzionale n.45/2005, che
anche su di essa ha fondato l?inammissibilità del referendum
sull?abrogazione integrale della legge n. 40/2004. Ebbene, tale diritto ha
trovato una specifica applicazione nella Carta di Nizza, inserita ? come
noto ? quale parte II del Trattato costituzionale europeo, in cui si
afferma, all?art. 3, II comma, ?il divieto di clonazione riproduttiva di
esseri umani?. È da ricordare peraltro, a questo riguardo, che la legge n.
40 del 2004 vieta la clonazione umana con una norma che è attualmente
sottoposta a referendum abrogativo.
* * *
Volendo ora concludere queste riflessioni e dare risposta al
quesito implicato dal titolo del mio intervento, ritengo che l?(attuale)
mancato riconoscimento, nel nostro ordinamento, della capacità giuridica
generale in capo al concepito non sia di ostacolo alla configurazione di
una soggettività giuridica dello stesso.
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Del resto, l?ordinamento conosce altre ipotesi nelle quali alla
soggettività giuridica non si accompagna una personalità giuridica. Basti
por mente alle associazioni non riconosciute o alle società di persone, le
quali sono certamente centro di imputazione di situazioni giuridiche
soggettive distinto dai soggetti che le compongono, pur non essendo
persone giuridiche.
Nel nostro campo qualora non si riconoscesse la soggettività al
concepito, non potrebbe giustificarsi diversamente il rilevato
riconoscimento, da parte della Costituzione, dei diritti fondamentali
poc?anzi ricordati, né la titolarità dell?aspettativa di diritti, anche in
campo patrimoniale, riconosciuta al concepito già in base ad una
interpretazione sistematica delle norme del codice civile.
In tale contesto si inserisce, in perfetta sintonia (ancorché in
distonia sul piano lessicale), l?art. 1 della legge n. 40 del 2004, nella parte
in cui ?assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il
concepito?.
In questo caso la legge ha voluto, in sostanza, affermare
espressamente il riconoscimento della soggettività giuridica anche al
concepito. Per la verità, non è ben chiaro se con il verbo anodino
?assicurare? il legislatore abbia voluto riconoscere ovvero attribuire tale
soggettività. La differenza non è certo irrilevante dal punto di vista della
teoria generale. Sul piano sistematico, sembra più consona una
interpretazione che porti a ritenere che si ?assicura? la tutela di una realtà
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già preesistente, non di una realtà che viene giuridicamente introdotta per
il solo fatto della ?assicurazione? della sua tutela.
Dunque, si tratta, a mio avviso, di un riconoscimento. Ma, come
già visto, non si tratta dell?unico riconoscimento nell?ambito del nostro
ordinamento.
Questa considerazione comporta che, se anche in ipotesi la norma
citata venisse abrogata dall?esito eventualmente favorevole al quesito
referendario, non per questo verrebbe meno la rilevata soggettività
giuridica del concepito, la quale, per quanto detto, si desume dal sistema
a livello costituzionale e non solo da questa disposizione di legge,
trattandosi di una categoria giuridica sulla quale poggia la titolarità di
diritti fondamentali.
Ciò non toglie che il giurista, in quanto impegnato a vivere e a
pensare in sintonia con i valori dell?ordinamento ? come ricordava il
compianto Maestro Prof. Francesco Santoro-Passarelli ? debba difendere,
appunto, tali valori e quindi anche quelle norme che di esso sono
espressione.

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