sabato 26 febbraio 2005

Così Mediaset ha beffato il fisco

L'accusa contenuta in un memorandum interno della «major» Fox «Fondi neri dalla compravendita fittizia di diritti cinematografici e tv

«Mi sono incontrato con Guido Pugnetti (collaboratore di Daniele Lorenzano) venerdì… Quando gli ho fatto pressioni per il milione di dollari che ci deve in 90 giorni, mi ha spiegato ciò che segue, sperando che rimanesse confidenziale tra noi. Sostanzialmente l?impero di Berlusconi funziona come un elaborato gioco di scatole per evitare le tasse italiane. La Principal network, con base a Lugano, licenzia i prodotti dagli Studios e poi li rivende a Reteitalia. Se la Principal compra ?Mrs Doubtfire? per 2 milioni, poi Canale 5 (per esempio) può contabilizzare la vendita del film per 3 milioni. Questi 3 milioni di dollari, in realtà, rappresentano la vendita di Publitalia agli inserzionisti e sono in sostanza una partita di giro, perchè non vogliono che Reteitalia mostri i profitti. Gli utili sono tenuti in Svizzera (come tutti sappiamo le autorità svizzere bancarie tutelano la privacy dei clienti). La Principal poi ci paga attraverso ricevute dagli incassi Publitalia. In questo senso Guido e Daniele (trattasi di Daniele Lorenzano) non sono altro che intermediari…». È in questo memorandum interno della major americana Fox, datato 12 dicembre ?94, e indirizzato riservatamente a Mark Kaner, presidente della stessa società, che si spiega in poche righe ciò che la procura di Milano ha tentato di dimostrare in 500 mila pagine. A tanto ammonta la mole di documenti depositata sabato scorso dai pm Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale a chiusura delle indagini sul falso in bilancio di Mediaset. Un falso in bilancio con creazione di fondi neri pari ad almeno 280 milioni di euro (circa 550 miliardi di lire) che sarebbe stato accumulato tramite la compravendita, fittizia, dei diritti cinematografici e televisi dell?immenso magazzino di Segrate. Un meccanismo complesso, per l?incredibile giro di società estere coinvolte, ma in fondo semplicissimo, come sintetizza in un memorabile interrogatorio la sconosciuta Silvia Cavanna, per anni dirigente e poi consulente dell?ufficio gestione contratti e materiali di Mediaset, alle dipendenze di Carlo Bernasconi, ex responsabile della Silvio Berlusconi Communications, morto nel 2001. La Cavanna, confermando indirettamente il memo riservato al presidente della Fox, spiega ai magistrati che era proprio Bernasconi a indicarle il prezzo d?acquisto per ogni diritto cinematografico, che veniva spezzettato in diversi «sub contratti», intestati alle varie società estere. «Il prezzo indicatomi da Bernasconi per il singolo acquisto era tale che il costo complessivo finale era sempre superiore a quello pagato originariamente dal gruppo, anche del doppio. I maggiori aumenti si verificavano per i prodotti che costavano meno all?origine, intendo dire telenovelas, vecchi film di repertorio, eccetera». Con complicati calcoli contabili? Attraverso contratti internazionali o rivalutazioni monetarie? Macchè, spiega la Cavana ai pm: «Quando Bernasconi tornava dalle riunioni di Arcore, mi diceva ?Silvia, picchia duro con i prezzi?, riferendosi all?aumento dei costi e facendomi predisporre sub contratti anche in relazione a diritti di non decorrenza». Il memo al presidente della Fox, rintracciato nel corso delle decine di rogatorie in mezzo mondo, compare a pagina 17 della relazione, che la divisione «forensic» della società di revisione e consulenza Kpmg ha consegnato ai magistrati il 20 gennaio scorso, a conclusione di un?indagine sui flussi di denaro usciti e rientrati nelle casse di Segrate dopo giri nei paradisi fiscali del mondo: dalle Bahamas ad Hong Kong, passando per le isole Tortole e Malta, per finire in Svizzera, nelle banche di Lugano. Il nome di Lorenzano, ad esempio, vi compare come fiduciario di Berlusconi. E la Cavanna conferma: «Lorenzano operava in assoluta autonomia e riferiva direttamente a Berlusconi». Impressiona il fatto che gran parte della presunta evasione e della compilazione dei bilanci falsificati sia avvenuta a cavallo tra il ?94, quando Berlusconi, principale imputato nell?inchiesta, diventò presidente del Consiglio la prima volta (e quando Mediaset venne quotata in Borsa), e il ?99, in piena «traversata del deserto». È in particolare nel luglio del ?94, infatti, che un altro fiduciario di Berlusconi, Paolo Del Bue, trasferisce conti intestati a due società, costituite nel ?90, nelle British Virgin Islands, dalla Svizzera alle Bahamas. Del Bue ha prelevato, a partire dal ?92, 103 miliardi di lire in contanti da Lugano per parcheggiarli presso due società, la Century One e la Universal One. Si tratta di due società che, come spiegherà ai magistrati il genio inglese della ragnatela off-shore di Mediaset, David Mills, sono state intestate, su diretta richiesta del premier, ai suoi figli di primo letto: Marina e Piersilvio Berlusconi. Ed è su queste due società che finiscono buona parte dei pagamenti Mediaset sui diritti cinematografici. Inizialmente acquistati dalla Principal Network Ltd, anch?essa con sede nelle British Islands, e che non compare nei bilanci ufficiali Fininvest, ma che «occultamente», secondo i magistrati, gli appartiene. Spiega l?avvocato Mills che le due società off shore caraibiche, intestate ai figli di Berlusconi, li avrebbe visti sicuramente come «beneficiari, ma la gestione pratica della struttura sarebbe sempre stata soggetta al consenso di Silvio Berlusconi che viene denominato ?X?». Per i pm è «mister X» – Berlusconi dunque – che avrebbe gestito materialmente l?impressionante giro di denaro sugli acquisti dei diritti cinematografici. Ed è per questo che ora lo accusano non solo di falso in bilancio ma anche di appropriazione indebita e tasse evase per almeno 126 miliardi di vecchie lire.

Paolo Colonnello

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